lunedì 8 ottobre 2012

paolo carletti / re-do.it / Chrome



All'interno della serie LO lighting objects, Chrome rappresenta uno step ulteriore.
La forca bidente in acciaio forgiato, in origine attrezzo deputato all'estrazione manuale delle barbabietole da zucchero, è qui “ibernata” attraverso il processo della cromatura.

Le ossidazioni presentate dall'oggetto ritrovato, tatuaggio di un vissuto immaginario e al contempo testimonianza documentale, sono inglobate, sottese da una seconda misteriosa pelle cromata. Il risultato ottenuto è quello di oggetto mistico, una sorta di simulacra che va oltre la dimensione del tempo perduto. Equipaggiato con led array e variatore di luce progettato prima in rame e poi cromato, Chrome è cablato con un trecciato in seta color perla, alimentatore alluminio, interruttore e presa bianchi. Uno spezzone di tubo in rame inserito al suo interno genera per rifrazione la fuoriscita di una luce arancio intensa, firma di molti oggetti re-do.it.















domenica 8 luglio 2012

paolo carletti / re-do.it / Flame




Flame esprime nei dettagli la filosofia re-do.it. Partendo dal ritrovamento di una lama rasiera originariamente usata in ambiente contadino, questo oggetto della serie LO (lighting objects) è in realtà un assemblaggio di elementi, per uso nativo piuttosto diversi e distanti tra loro.

Sul corpo lama in ferro battuto, cuore dell'oggetto restaurato, si innesta un tubo in rame rinvenuto da scarti idraulici. Base, ancorchè alzata per la luce inserita nella gola dell'attrezzo, il tubo di rame (qualora innestato) diviene veicolo per un effetto luce simile ad una fiammata a parete. Da qui il nome Flame.


Per quanto traducibile in lampada da tavolo, Flame sorprende per l'incredibile varietà si soluzioni di lighting.




Piccoli perni in rame, acciaio e ottone di risulta, danno stabilità e regolazione millimetrica alle componenti. Un blocchetto in legno d'abete, rimanenza di un asse per ponteggi edili, opportunamente sagomato contiene la parte inferiore dell'oggetto isolandolo dalla superficie d'appoggio.
Flame è un ottimo esempio di etica re-do.it. Personalizzabile per addizione o sottrazione delle parti, incarna un'idea di creatività incentrata sulla poetica del residuo.

Fatti salvi luce alogena alimentata a 12 volts e cablaggi, Flame può considerarsi il risultato di un riuso pressochè totale.
Un apporto minimo di sabbia pigmentata, resine e foglia d'argento, completano l'operazione.



mercoledì 11 aprile 2012

paolo carletti/ re-do.it/ Finwhale



Finwhale è il primo oggetto della serie LO (lighting objects) col quale mi sono misurato. Primo di una serie campione di attrezzi trovati in pessime condizioni e lasciati al loro destino di rifiuto.

Cominciai dalla parte in ferro del badile, pulendolo del cemento e della sporcizia di cui era incrostato.

Mi sfiorava e piaceva l'idea di lasciarlo così com'era, ma ragioni tecnico-conservative non me lo consentivano. Peccato, la patina che il degrado gli aveva tatuato sopra sarebbe potuta risultare interessante. Motivo per cui ne bloccai le ossidazioni solo dopo averne rimosso gli eccessi, con levigatore e flessibile da taglio, strumenti a me congeniali.


Quindi passai al manico, talmante rovinato dai tarli da non poterne che ricavare segatura. Così la rinuncia e la decisione: manico nuovo, lavorato non per scimiottare l'originale, cosa che non mi importava affatto, ma per integrarlo a modo mio con la parte in ferro. Tanto che lo feci bianco, a contrasto massimo possibile.

Già da un po pensavo alla tecnologia LED, alle possibilità ma anche ai limiti da essa portati. Mi piaceva l'idea che un oggetto del genere potesse illuminarsi senza tanti orpelli, quasi di luce propria. E che, all'occorrenza, illuminasse di sè l'ambiente circostante. Dopo innumerevoli sessioni di prova arrivai ad una conclusione: i led array di potenza mi garantivano un ingombro limitato e la possibilità di essere all'ocorrenza noscosti, bassi consumi, tensione innocua a 12 volts, impatto ambientale trascurabile... ma non era affatto facile trovare e sposare gli angoli di luce ottimali con la scomparsa del circuito all'interno dell'oggetto. Per non parlare del problema della dissipazione calore da parte dei led stessi, che andava risolto.



Mi ci volle parecchio tempo per mettere a posto tutti i tasselli del mosaico, così, nei momenti di distrazione, cominciavo a pensare anche all'intervento materico sulla pala. Che poi attuai, usando resine, sabbie e pigmento blu oltremare puro. Il risultato ottenuto è quello riportato nelle foto.

Il nome Finwhale gli viene dalla luce-ombra proiettata a parete, una coda di balena appunto, che si ingrandisce a seconda di quanto l'oggetto venga posizionato vicino o lontano dal muro. I led sono alloggiati in una sezione di tubo di rame, saldato a una placca aderente al retro pala opportunamente sagomata, sì da sfruttare il contatto tra metalli e garantire maggiore dissipazione. Il filo scorre sul retro manico inserito in un piccolo solco fresato a mano. Dimmer telecomandato (variatore di luce), alimentatore 12 volts, interruttore e presa filo concludono la sequenza dei cablaggi.
Riassumendo Finwhale è composto da parti interamente recuperate: pala e componenti in rame (supporto led, dissipazione, appoggio muro, clip varie). E da parti nuove: manico, chiodo di fermo, tecnologia led e cablaggi.